L’avv. Dario AMBROSIO ha collaborato quale

unico redattore del Disegno di legge di modifica alla legge 30 marzo 2001 n. 152 circa la nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale presentato in Parlamento per tramite dell’U.F.P. dal Senatore Avv. Ettore Bucciero (AN) ed altri (v. Disegno di Legge n. 909 comunicato alla Presidenza il 29.11.2001);


cooredattore unitamente all’avv. Silvano Salani alla stesura del Disegno di Legge sulle norme per la mediazione alle liti (introducendo un sistema di A.D.R. che solo la professionalità dell’avvocatura può fornire) presentato in parlamento, per tramite della UFP, dal Senatore Avv. Giuseppe Nocco (FI) ed altri (v. Disegno di Legge n. 929 del 05.12.2001)


cooredattore unitamente all’avv. Silvano Salani alla stesura del Disegno di Legge sulla riforma della legge professionale presentato ai referenti politici, per tramite del Sindacato Avvocati di Bari nel febbraio 2002;


unico redattore con la collaborazione dei colleghi del proprio studio legale alla stesura del Disegno di Legge di modifica del Codice civile, procedura civile e disposizioni di attuazione del codice civile per la riforma della disciplina condominiale presentato per tramite del Sindacato Avvocati di Bari dal Senatore Ettore Buccino (AN) ed altri (v. Disegno di Legge n° 1708 del 17/09/2002), la cui relazione di seguito si trascrive:

RELAZIONE INTRODUTTIVA

L’esigenza di una riforma della disciplina del Condominio, è da decenni invocata da più parti. Le motivazioni di tal esigenza sono dettate dall’inadeguatezza di un sistema normativo ancorato al 1942, ove il fenomeno condominiale era legato a diverse esigenze ed a modesti agglomerati urbani. La crescita esponenziale delle tipologie di abitazioni ha ingenerato innumerevoli casistiche che hanno trovato una disciplina più dalle consolidate pronunce giurisprudenziali che dal dettato normativo.
Si è inoltre constatato che la figura dell’amministratore condominiale, sempre più qualificata, si è notevolmente trasformata fino a consacrarsi in una tipologia professionale organizzata anche in forma societaria. L’attuale Codice Civile, giustamente ancorato alla figura del mandatario, lascia alcuni spazi aperti che, a seguito di casistiche sempre nuove, da adito a molti dubbi interpretativi che non giovano alla certezza del diritto. La valorizzazione normativa di tale funzione, nel riconoscere - nei limiti del possibile - la professionalità dei migliori amministratori, restringerà lo spazio alle improvvisazioni.
Tali esigenze si dovranno coniugare con la salvaguardia degli interessi dei condomini che risentono in prima persona l’inadeguatezza e la genericità normativa, con conseguente aumento della litigiosità.
La presente proposta appare satisfattiva degli interessi di tutte le parti, andando ad incidere sui meccanismi giudiziari, oggi ancora troppo lenti ed insoddisfacenti.
Per motivi di opportunità, si è operata un’integrazione del dettato normativo laddove il vuoto creava incertezze e diversità di pensieri, mantenendo integre le parti che hanno condotto, sia la dottrina che la giurisprudenza, a consolidate interpretazioni.
Certezza, controllo e mezzi giudiziari più rapidi sono, in sintesi gli obiettivi della seguente proposta di legge.

In ordine alle parti comuni (art.1117), è apparso da un lato indispensabile ed opportuno ricomprendere nell’alveo delle “fondazioni” quelle parti che per struttura morfologica, destinazione ed utilità ne sono necessariamente racchiuse ancorché non previste dalla codificazione del 1942; dall’altro si è ritenuto opportuno aggiornare l’antica immagine del condominio verticale, comprendendovi anche la ormai consolidata realtà del condominio c.d. orizzontale.

In ordine all’art. 1120 c.c. si è pensato di chiarire l’assetto originario del disposto normativo specificando che l’innovazione, nel consistere in un alterazione e/o mutamento di destinazione del bene comune, si differenzia dalla modifica, lasciando ferma la possibilità per i condomini di adottare delibere con quorum ridotti in forza di leggi speciali. Si auspica in tal modo di rendere omogeneo e quindi premiare l’intervento dell’Autorità Giudiziaria, che aveva, di fatto, ristretto in tal senso l’interpretazione dell’idea di innovazione consentita o meno.

Una questione molto dibattuta riguarda la compartecipazione alle spese relative alle scale da parte dei proprietari degli immobili situati al piano terreno, ovvero dei locali che abbiano un accesso alla propria unità separato rispetto a quello condominiale. Quanto ai primi è pacifico che essi debbano partecipare alla spesa con riferimento all’art. 1124 C.c. sia pur con i noti criteri relativi alla particolare posizione dell’appartamento interessato. Per quanto concerne invece gli immobili sempre situati al piano terra ma con ingresso indipendente e autonomo, si registrano pareri discordi. Sul punto si è condivisa la soluzione prospettata dalla S.C. con Sent. n. 761/79 che ha ritenuto i ridetti proprietari tenuti “a concorrere alle spese di manutenzione dell’androne delle scale in rapporto e proporzione all’utilità che anch’essi possono, in ipotesi, trarre quali condomini, e ciò sia avuto riguardo all’uso, ancorché ridotto, che possono fare dell’androne e delle scale per accedere - come è loro diritto - nei locali di portineria e al tetto o lastrico solare, sia avuto riguardo all’obbligo ed alle connesse responsabilità che anch’essi hanno quali condomini, di prevenire e rimuovere ogni possibile situazione di pericolo che possa derivare all’incolumità degli utenti dall’inefficiente manutenzione dei suddetti beni comuni”. Appare pleonastico sottolineare che tale scelta di campo risolverà anche le problematiche relative alla casistica circa l’esercizio del diritto di voto o meno di tali proprietari nelle ipotesi di approvazione di lavori riguardanti la manutenzione e la ricostruzione delle scale.

In merito all’art. 1129 C.c., riaffermando il concetto secondo il quale il mandato all’amministratore deve rivestire i caratteri dell’intuitus personae, si è operata la necessaria e coerente scelta tesa a favorire -nell’ipotesi di amministrazione condominiale in forma societaria- solo quelle in cui vi è la prevalenza dell’elemento personale. Al contrario il sorgere di società di capitali, comporterebbe, nell’ipotesi di patologia del rapporto, la possibilità per i condomini di non poter percorrere efficacemente le strade tese all’acclaramento di responsabilità, i cui risultati, sarebbero probabilmente vanificati dal beneficio della responsabilità limitata di cui godono le ridette società. Ovviamente la forma di società di persone prescelta, certo non impedirà a quest’ultima di garantire, all’interno della medesima, una maggiore organizzazione di mezzi e di investimenti ferma restando la personale responsabilità dei soci.
Al terzo comma del medesimo articolo si è ribadito un concetto desumibile dalle norme sul mandato ma che, nella prassi, crea diverse interpretazioni posto che alcuni amministratori, dopo la revoca dell’incarico con contestuale nomina del nuovo amministratore, chiedono ed ottengono compensi maturati nel periodo occorrente al passaggio di consegne. Per quest’equivoco di base si è potuto constatare nella prassi quotidiana, che alcuni amministratori ritardino scientemente il passaggio di consegne al fine di maturare illegittimamente compensi non dovuti. Nel quarto comma invece, prendendo atto della difficoltà di ottenere il rendiconto dall’amministratore revocato prima della scadenza (in specie ove costui non vanti eventuali crediti derivanti da anticipazioni personali), attese le difficoltà logistiche che un’improvvisa revoca possa comportare per l’organizzazione dello stesso, si è previsto un tempo congruo per consentire all’amministratore di predisporre il rendiconto prima della scadenza naturale e con facoltà del condominio di prevedere un compenso. Ovviamente restano invariati gli obblighi di consegna immediata di tutti i documenti utili atti a consentire la gestione condominiale anche in costanza di fenomeni di urgenza o comunque straordinari. Si è consapevoli che in via teorica l’obbligo del rendiconto (anche nel caso di revoca prima del mandato), sarebbe incluso tra i doveri dell’amministratore; pertanto, e sempre in via astratta, anche nell’ipotesi di revoca di cui sopra, lo stesso sarebbe tenuto a presentare il rendiconto. Ma nella realtà le cose stanno diversamente, infatti, numerosissime sono le situazioni nelle quali il nuovo amministratore provvede a rimediare alla mancata presentazione del rendiconto da parte del vecchio amministratore. Tale conseguenza è quasi sempre accompagnata o da richieste di ulteriori compensi da parte del nuovo amministratore o da un lavoro poco approfondito di controllo di vecchi carteggi e di “contabilità” redatte con criteri misteriosi. Il buon senso fa comprendere che unico obiettivo del nuovo amministratore è di chiudere alla meglio i conti del passato per rendere esigibili i conguagli. Al contempo sono rare le ipotesi nelle quali questo lavoro è eseguito con certosina precisione a maggior ragione ove si pensi alla gratuità di tale incarico. La facoltà dell’assemblea prevista al quarto comma, potrà sicuramente invogliare l’amministratore revocato prima della scadenza, a rendersi più attivo rispettando gli obblighi previsti dalla legge e di contro a cristallizzare sul medesimo eventuali responsabilità di natura contabile relativa alla sua gestione. L’assemblea, ovviamente, potrà approvare o non approvare questo rendiconto, ma con la previsione del quarto comma aumenteranno le possibilità di presentazione da parte dell’amministratore revocato prima della scadenza con la naturale conseguenza di colorare tale documenti di una maggiore valenza probatoria per il rilievo di ulteriori responsabilità.
Al sesto comma si sono volute tipizzare alcune ipotesi di “gravi irregolarità” atteso che la genericità della norma ha fatto proliferare diversificate interpretazioni a riguardo. Le ipotesi sub lett. a); b); c) sono quelle che hanno costituito, in linea di massima, un univoco indirizzo giurisprudenziale a riguardo, ma che assurgendo a tipizzazione normativa diminuiranno lo sforzo ermeneutico della magistratura investita.
Si vuole evidenziare in particolare il punto sub lett. c), che nella ratio della presente modifica, porterà implicitamente a variare delle consuetudini errate, fonti di non pochi problemi sia in campo civile che in campo penale.
Tralasciando la ben più grave ipotesi di una coincidenza del conto corrente personale con quello del condominio la cui responsabilità è di piena evidenza, giova sottolineare che molti amministratori, sia per un’apparente semplicità di gestione, sia perché indotti a tanto dagli stessi condomini, usano conti correnti unificati ove confluiscono le quote di vari condominii amministrati dagli stessi. Tale pratico ma irregolare metodo, è severamente censurato nel dettato del sesto comma dell’art. 1129 C.c., posto che la confusione di patrimoni di diverse amministrazioni condominiali potrebbe ingenerare la paralisi gestionale contemporanea di tutti i condominii. A tal proposito s’ipotizzi un eventuale pignoramento presso terzi sulle somme depositate nell’unico conto corrente, effettuato da un fornitore di un qualsiasi condominio, che avrebbe l’effetto di paralizzare la disponibilità di tutte le altre somme ivi depositate ed appartenenti ad altri condominii con immaginabili disagi nonché danni che ne conseguirebbero.
Nel comma sette è ridata luce al registro per la nomina e per la revoca tenuto dall’amministratore di condominio, fino ad oggi rimasto virtuale. Tale registro, di proprietà del condominio amministrato, assurge ad una scrittura obbligatoria che ha la funzione di descrivere cronologicamente la successione nel tempo dei vari amministratori, la cui importanza pratica potrà essere utilmente esperita nei rapporti con i terzi al fine di palesare i poteri di rappresentanza.
Nel medesimo comma si è imposto l’onere della comunicazione (rectius - variazione), della nomina e della revoca dell’amministratore da parte di quest’ultimo alla C.C.I.A.A. competente. Tale comunicazione sarà annotata, come si vedrà in seguito, quale variazione di dato collegato alla posizione del singolo amministratore iscritto al R.A.C.- registro amministratori condominiali.

In ordine al punto 7) dell’articolo 1130 c.c. si è ritenuto opportuno riaffermare due principi a volte disattesi:
- il primo riguarda il criterio da assumere per definire in quali e quante categorie classificare le spese sostenute. Questo non è un criterio contabile, bensì un criterio giuridico-tecnico, posto che, ove nulla disponga la legge, soccorre il regolamento o una delibera assembleare specifica, con la quale è consentito approvare specifici criteri di ripartizione in ordine a spese particolari non previste e, comunque, non preregolamentate. A tal proposito si è imposto il cd. Registro di contabilità (la cui funzione è già in essere presso la maggioranza degli amministratori), ove saranno aggiornate cronologicamente le singole quote di spese riscosse dai condomini, nonché ciascuna spesa sostenuta. Il registro, pertanto, conterrà una sola colonna, così detta delle entrate, dove annotare le quote di spese riscosse e tante colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea (ad: assicurazione incendio e R.C.; compenso amministratore e consulenti esterni; spese amministrative varie; manutenzione ordinaria; manutenzione straordinaria; compensi personale dipendente; contributi previdenziali ed assistenziali personale dipendente; accantonamento TFR; materiali di pulizia; illuminazione e lampade; forza motrice ascensore; consumi idrici; spese individuali; fornitura di combustibili per caldaia termosifoni; elettricità per forza motrice bruciatore caldaia; manutenzione impianto di riscaldamento ecc.).
- Il secondo principio è quello della chiarezza del rendiconto di gestione. Per fare ciò non occorrerà impostare rendiconti sofisticati in quanto la contabilità condominiale non è rivolta alla rilevazione di fatti aziendali complessi quali i costi e i ricavi. Un rendiconto condominiale che usasse terminologie sofisticate, pur se contabilmente corrette, ovvero termini per addetti ai lavori di contabilità, non rispetterebbe la funzione di chiarezza avuto riguardo dei destinatari delle rendicontazioni. Tuttavia, è noto che alla fine di ogni gestione condominiale si riscontra l’esistenza di qualche condomino moroso nel versamento delle sue quote e, quindi, di qualche spesa ancora da erogare da parte dell'amministratore, in tale ipotesi, il rendiconto della gestione potrebbe assumere la forma semplicissima di una situazione di cassa e precisamente: + avanzo liquidità esercizio precedente in cassa; + c/c bancario e postale; + introiti per quote condominiali; + interessi maturati su c/c; - pagamenti diversi.
Nella pratica è evidente la necessità che la chiusura del conto annuale evidenzi anche l’esistenza di crediti - per quote condominiali non ancora incassate - e di debiti per fornitori di beni e servizi da saldare. Tale necessità trova la sua ragione nel necessario collegamento nel tempo dei rendiconti annuali.
Alla situazione di cassa, pertanto andrà affiancata una situazione patrimoniale che evidenzi, alla chiusura del conto, le disponibilità liquide, i crediti ed i debiti.

In ordine alla norma regolante le impugnazioni delle delibere condominiali (art. 1137 c.c.), si è innanzitutto ritenuta necessaria l’eliminazione della parola “ricorso” posto che le intenzioni del legislatore (da sempre disattese) davano per scontato un sistema processuale più celere. Nel corso degli anni si è pacificamente ritenuto che la citazione possa costituire l’equipollente del ricorso e che, di fatto, sia anche il mezzo più idoneo a rispettare i termini di decadenza. Tuttavia una sentenza isolata della S.C. e dottrina minoritaria hanno da un lato esaltato un revirment dell’adozione del mezzo giudiziale del ricorso, a pena di nullità (Cfr. Cass. n. 6205/97) e dall’altro si è ipotizzata una decadenza solo per gli atti di citazione, sia pur notificati nei termini, ma iscritti a ruolo oltre i trenta giorni dalla conoscenza della delibera impugnata.
In tale panorama, una norma chiara che evidenzi la possibilità di impugnare le delibere con atto di citazione notificato nei termini di decadenza, si è ritenuto tutt’altro che superfluo.
Ancora più incisivamente, al fine di determinare un’efficace tutela cautelare, si è prevista, oltre alla già esistente fase in causam, una fase cautelare ante causam che avrà il pregio di risolvere la querelle sulla inapplicabilità del nuovo processo cautelare al cautelare tipico previsto dall’art.1137 c.c.. Inoltre questa fase preventiva e d’urgenza potrà costituire un più veloce mezzo per ottenere rapidamente la sospensione della esecutività della delibera impugnata, solo in caso di un pregiudizio irreparabile.

L’analisi della prassi, ha suggerito la modifica dell’art. 63 disp. att. c.c. nella parte in cui si riducono a tre i mesi, superati i quali l’amministratore, potrà sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni, rivolgendosi al magistrato solo nella ipotesi di omessa previsione nei regolamenti.
La riduzione temporale e la possibilità, anche in assenza di previsione regolamentare, permetterà agli amministratori di tutelare più efficacemente i condomini adempienti.

Nell’art. 66 delle disposizioni di attuazione, si sono introdotte tre modifiche che, ci si augura, decongestioneranno il contenzioso mirando alla certezza nel tempo delle delibere assembleari.
In primo luogo, dopo aver degradato l’incompleta o mancata convocazione del condomino a vizio annullabile e quindi soggetto alla decadenza del termine d’impugnativa della delibera nei trenta giorni dalla conoscenza della medesima, si è riservata tale possibilità solo ai condomini direttamente pretermessi e non a tutti. Lo scopo di tale rilevante inversione, che tiene conto della più recente giurisprudenza (Cfr. Cass. n. 31/2000; Trib. Milano 27.09.2001 n. 10343) e della sciagurata prassi che vede il solito condomino litigioso paralizzare la volontà assembleare eccependo, magari dopo anni, la non rituale convocazione, è quello di premiare i partecipanti ed al tempo stesso evitare costosi giudizi.
Del resto il buon senso dovrebbe indurci a ritenere che un vizio di incompleta convocazione (magari subito da terze persone) non può diventare una spada di Damocle sulle decisioni del condominio e nel contempo, un credito sine die del condomino, pronto ad usarlo alla prima occasione e per altri scopi.
Il diritto alla informazione non sarà certamente lesionato da un meccanismo che da certezze sul futuro, ma che prevede per i reali interessati a reclamare, un termine decadenziale di trenta giorni.
In secondo luogo si è meglio regolamentata la possibilità nell’interesse del condominio, di tenere la seconda convocazione in più date, fermo restando che l’assemblea sia stata validamente costituita, ci si perdoni il gioco di parole, alla prima riunione tenutasi in seconda convocazione.
Intuibili i vantaggi, gli amministratori potranno convocare più riunioni con un unico avviso e con molta probabilità riusciranno a discutere tutti i punti all’O.D.G.
In terzo luogo si è ritenuto dover statuire anche per il condominio il principio di limitare l’uso delle deleghe e, nell’ipotesi di amministratore interno, limitare il diritto di voto su determinati argomenti quali l’approvazione dei rendiconti ed in ogni altra ipotesi ove sia manifestatamente palese il conflitto di interessi.

Nella medesima direzione si è ritenuto di dover modificare il regime sanzionatorio dettatto dall’art. 70 delle disposizioni di attuazione, in ordine all’infrazioni al regolamento di condominio. In prima battuta si è attualizzata la somma prevista nella norma portandola da Lire 100 a Euro 150,00. Successivamente si è prevista una procedura che, nel medesimo tempo, contemperi molteplici esigenze. L’infrazione pur essendo elevata dall’amministratore dovrà essere ratificata dall’assemblea che, con la maggioranza di cui all’art. 1136 C.C., potrà determinare la quantificazione fino al massimo previsto indicato nel primo comma. Tale meccanismo elimina e/o comunque riduce eventuali eccessi di zelo e/o abusi di potere da parte dell’amministratore ma nel frattempo offre a quest’ultimo un valido mezzo per colpire in modo rapido e satisfattivo il condomino inadempiente. La casistica giudiziale in ordine alle infrazioni al regolamento è numerosissima, tuttavia i tempi, i costi ed i risultati ottenuti non sono sempre pregni d’effetti risolutivi.
Al contrario gli odierni meccanismi processuali frustrano, il più delle volte, l’iniziativa dei condomini costretti a subire le angherie del condomino prepotente. In tale ipotesi gli innumerevoli richiami verbali e/ o formali dell’amministratore, dichiarazioni di disappunto dei condomini in assemblea, non sempre sortiscono gli effetti sperati nei confronti del condomino inadempiente.
Inoltre, anche nell’ipotesi d’azione giudiziaria non sempre le sentenze emesse dopo lungo tempo sono rispettate creando da un lato incidenti d’esecuzione o possibili azioni in sede penale (ex art. 650 c.p.) i cui tempi e la cui efficacia sono sotto gli occhi di tutti
Le ridette problematiche, pertanto, potranno rapidamente essere risolte rivitalizzando in modo idoneo i meccanismi del regime sanzionatorio. Ovviamente, il condomino sanzionato, potrà proporre impugnazione della delibera assembleare, al solo fine di innescare la legittimità del suo comportamento. Con tale norma si esclude pertanto la possibilità di censurare la misura della sanzione che sarà applicabile anche al nucleo familiare del proprietario, del conduttore e del detentore dell’immobile. Nell’ultimo comma si è opportunamente richiamato l’art. 73 delle disposizioni d’attuazione al fine di consentire l’agevole riscossione della sanzione irrogata.

D’assoluto rilievo appare la creazione di un registro degli amministratori condominiali R.A.C. - presso la C.C.I.A.A. prevista dall’art. 71 delle disposizioni d’attuazione. L’iscrizione obbligatoria da parte di tutti gli amministratori, anche di quelli che esercitano occasionalmente tale mandato, prevede dei requisiti minimi e non è soggetta ad esami. Il facile accesso all’iscrizione, tuttavia, viene ad essere pesantemente sanzionato in caso d’inottemperanza.
Gli amministratori dovranno comunicare alla Camera di Commercio, le variazioni dei dati relativi alle nomine e revoche degli incarichi svolti, con l’indicazione dei complessi condominiali amministrati. La pubblicità di tale R.A.C. assolve numerose aspettative, in primis quella dal cittadini che potranno effettuare un rapido controllo sull’operatività dell’amministratore; in secondo luogo gli stessi amministratori, potranno qualificarsi puntando le loro scelte gestionali su determinate zone attuando il famoso principio del c.d. amministratore di quartiere. Tale meccanismo potrebbe gradualmente selezionare il mercato fin troppo selvaggio e congestionato. In ultimo, la pubblicità notizia sugli incarichi svolti nel poter dare immediati effetti anche di natura fiscale, qualificherà sempre più le imprese maggiormente organizzate.
Al fine di decongestionare, nonché rendere efficace l’azione degli amministratori in ordine alla tenuta d’informazioni necessarie allo svolgimento del proprio mandato, si è attuata la modifica dell’art. 7 punto 2 del c.p.c. nella parte in cui attribuisce al Giudice di Pace la competenza, qualunque sia il valore, delle procedure relative all’accertamento della titolarità degli immobili per la corretta formazione del registro d’anagrafe condominiale disposto dall’art. 1130 al punto 6 C.C.
Appaiono pertanto visibilmente tracciati quei percorsi che, nell’ammodernare l’intero sistema normativo del condominio, fornisce veloci strumenti attuativi per la miglior gestione della cosa comune. Questa riforma -se attuata- sarà un valido strumento per gli amministratori per dimostrare sul campo la propria professionalità selezionando l’attuale mercato a tutto vantaggio dei condomini.

 
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